Panorama storico 1 - generale
- Storicamente, la questione della possibile pericolosità
dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde
è emersa nel secondo dopoguerra, come conseguenza dello
sviluppo delle applicazioni di questo agente fisico, all'inizio
soprattutto in ambito militare (radar e telecomunicazioni).
I primi effetti dannosi riportati come conseguenza dell'esposizione
a campi molto intensi (cataratta, sterilità) erano di tipo
indiscutibilmente termico, essendo imputabili al surriscaldamento
di alcuni organi bersaglio particolarmente vulnerabili
(cristallino, gonadi). Ciò portò ad adottare un
limite di esposizione (100 W/m2 = 10 mW/cm2,
equivalenti a circa 200 V/m) basato unicamente su questi effetti
termici eclatanti, le cui soglie (situate oltre
1000 W/m2) furono identificate
mediante sperimentazione su animali.
- Nello stesso periodo, nei paesi dell'est europeo, fu dato
credito all'esistenza di una multiforme casistica di effetti
non termici, consistenti principalmente in disturbi più
o meno soggettivi, che venivano ricondotti ad alterazioni del sistema
nervoso conseguenti (almeno apparentemente) ad una esposizione
prolungata (cronica) a campi elettromagnetici di livello anche
molto basso. Questo approccio conduceva a fissare soglie di sicurezza
notevolmente più basse di quelle termiche (anche 1000 volte, in
termini di potenza).
- Non essendo stato possibile accertare e descrivere
quantitativamente gli effetti segnalati, di questa seconda
impostazione non è rimasta praticamente più traccia
e le norme di sicurezza emanate dalle varie istituzioni internazionali
si fondano oggi sulla prevenzione dei soli effetti acuti, gli
unici scientificamente accertati. La conoscenza di tali effetti
si è nel frattempo approfondita. Grazie alla sperimentazione
su volontari ed animali, sono stati infatti ben chiariti sia gli effetti
comportamentali conseguenti ad un moderato e prolungato
riscaldamento sistemico sia gli effetti acuti non termici
causati dalle esposizioni ad intensi campi di frequenza inferiore a
un centinaio di chilohertz circa. Questo approfondimento ha portato
ad una revisione verso il basso dei limiti di sicurezza,
determinando di fatto un riavvicinamento ai limiti fissati in
base ai presunti effetti cronici.
- Esiste un'altra problematica che la ricerca scientifica non ha
finora potuto chiarire definitivamente, anch'essa di vecchia
data, ma che recentemente ha riscosso molto interesse nei media e
nell'opinione pubblica: si tratta della possibilità che le
esposizioni croniche ai campi elettromagnetici anche di basso
livello possano favorire l'insorgere di alcune patologie tumorali.
La più dibattuta, perché supportata da un grande numero di
indagini epidemiologiche più o meno controverse, è
l'associazione tra esposizione al campo magnetico a 50 Hz
(generato per esempio da elettrodotti ed elettrodomestici) e
l'incidenza di alcune forme di leucemia infantile. Sebbene
l'ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici sia
stata sottoposta ad una indagine scientifica serrata, non sono
stati finora evidenziati elementi di consistenza tale da
suggerire una revisione dei limiti di sicurezza vigenti.