Panorama storico 1 - generale

  1. Storicamente, la questione della possibile pericolosità dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde è emersa nel secondo dopoguerra, come conseguenza dello sviluppo delle applicazioni di questo agente fisico, all'inizio soprattutto in ambito militare (radar e telecomunicazioni). I primi effetti dannosi riportati come conseguenza dell'esposizione a campi molto intensi (cataratta, sterilità) erano di tipo indiscutibilmente termico, essendo imputabili al surriscaldamento di alcuni organi bersaglio particolarmente vulnerabili (cristallino, gonadi). Ciò portò ad adottare un limite di esposizione (100 W/m2 = 10 mW/cm2, equivalenti a circa 200 V/m) basato unicamente su questi effetti termici eclatanti, le cui soglie (situate oltre 1000 W/m2) furono identificate mediante sperimentazione su animali.
  2. Nello stesso periodo, nei paesi dell'est europeo, fu dato credito all'esistenza di una multiforme casistica di effetti non termici, consistenti principalmente in disturbi più o meno soggettivi, che venivano ricondotti ad alterazioni del sistema nervoso conseguenti (almeno apparentemente) ad una esposizione prolungata (cronica) a campi elettromagnetici di livello anche molto basso. Questo approccio conduceva a fissare soglie di sicurezza notevolmente più basse di quelle termiche (anche 1000 volte, in termini di potenza).
  3. Non essendo stato possibile accertare e descrivere quantitativamente gli effetti segnalati, di questa seconda impostazione non è rimasta praticamente più traccia e le norme di sicurezza emanate dalle varie istituzioni internazionali si fondano oggi sulla prevenzione dei soli effetti acuti, gli unici scientificamente accertati. La conoscenza di tali effetti si è nel frattempo approfondita. Grazie alla sperimentazione su volontari ed animali, sono stati infatti ben chiariti sia gli effetti comportamentali conseguenti ad un moderato e prolungato riscaldamento sistemico sia gli effetti acuti non termici causati dalle esposizioni ad intensi campi di frequenza inferiore a un centinaio di chilohertz circa. Questo approfondimento ha portato ad una revisione verso il basso dei limiti di sicurezza, determinando di fatto un riavvicinamento ai limiti fissati in base ai presunti effetti cronici.
  4. Esiste un'altra problematica che la ricerca scientifica non ha finora potuto chiarire definitivamente, anch'essa di vecchia data, ma che recentemente ha riscosso molto interesse nei media e nell'opinione pubblica: si tratta della possibilità che le esposizioni croniche ai campi elettromagnetici anche di basso livello possano favorire l'insorgere di alcune patologie tumorali. La più dibattuta, perché supportata da un grande numero di indagini epidemiologiche più o meno controverse, è l'associazione tra esposizione al campo magnetico a 50 Hz (generato per esempio da elettrodotti ed elettrodomestici) e l'incidenza di alcune forme di leucemia infantile. Sebbene l'ipotesi di cancerogenicità dei campi elettromagnetici sia stata sottoposta ad una indagine scientifica serrata, non sono stati finora evidenziati elementi di consistenza tale da suggerire una revisione dei limiti di sicurezza vigenti.